30.10.04

George Bush, Van Halen e i Genesis

E' quasi banale constatare che una delle cause principali di questa tendenza ad assertire ignorando è la televisione, che ti propina la boria del sapiente e la sfrontatezza dell'ignorante. E dunque, spegnamola questa dannata televisione! Io la spengo molto più volentieri da quando (una decina d'anni) so che posso accendere internet. Ad altri l'onere di stilare differenze o sincretismi, gioie e crudezze dei due media.

Ma dove, se non su internet, posso trovare, date le imminenti elezioni americane, un'efficace articolo di fondo sulla realtà odierna del partito repubblicano, sulle tendenze centristiche del candidato democratico e azzeccati parallelismi tra il mondo della politica e dell'arte?

Beh, c'era questo pezzo di cui non ricordo più link, ovviamente, che diceva pressapoco così. Il partito repubblicano sono i Van Halen. Ora, tutti sanno che il cantante migliore dei Van Halen è stato David Lee Roth, e quello con Roth dietro il microfono è stato il momento in cui la band dei fratelli Van Halen ha dato alle stampe i dischi migliori. Poi è venuto Sammy Hagar: non lo puoi nemmeno paragonare Sammy a David, tutta un'altra cosa, un'altra classe, un modo completamente diverso di stare sul palco e interpretare i pezzi. Eppure, per quei strani casi della storia, il periodo com Sammy Hagar è stato quello maggiormente popolare: folle oceaniche ai concerti e i primi posti delle charts. Poi, infine, è venuto Gary Charone: ed è stato il declino fatale, l'insuccesso completo, l'uomo sbagliato al posto sbagliato.

Fuor di metafora: David Lee Roth è Abramo Lincold, Sammy Hagar è Ronald Reagan e Gary Charone, George W. Bush. Conclude l'articolista: cacciamo Bush/Charone, torniamo indietro!, e quindi, vota Kerry, vota Kerry, vota Kerry.

Interessante. Mi sono venuti subito in mente altri nomi al posto dei Van Halen. Forse il più azzeccato sono i Genesis: quelli con Peter Gabriel/Lincol, poi con Phil Collins/Reagan, e infine con Ray Wilson/Bush.

Spero che Ray Wilson non capiti mai su questo blog.

29.10.04

Ritardi

In ritardo, in ritardo, sempre in ritardo.
Sono nato in ritardo, probabilmente.
Hai ragione, anche del tempo si deve fare notizia. Includere lo straordinario ed escludere l'ordinario. Inventare lo straordinario, se non esiste.
Un uomo che morde Emilio Fede e non Emilio Fede che morde un uomo.
La notizia gonfiata, estrogenica scoppia in un amen come una bolla di sapone. Ma le bolle di sapone non lasciano tracce, le notizie-bolle lasciano tracce maleodoranti, si sedimentano come fango, e come fango ingoiano, sviano e rallentano il pensiero.
Ma non c'è molto tempo, per pensare. Mi sono scoperto a dare giudizi triviali e disinformati – da perfetto ignorante – soltanto perchè lasciavo che a parlare al mio posto fosse la fretta di prendere posizione, una specie di ansia di dichiarare, dire, schierarsi. Il ritmo delle notizie ci obbliga a dire di politica, di religione, di guerra, desiderio sessuale o educazione. Le notizie sono assertive, mai problematiche, mai ipotetiche. E noi le seguiamo, anche noi assertivi e recisi, ignoranti ma decisi.
Come il ministro Castelli.
E l'ignoranza ha la coda di paglia. Si diventa rissosi e polemici nel timore che qualcuno si accorga che, effettivamente, si sta parlando di qualcosa che si ignora al 99%. Forse per questo i politici della CdL sono così sgradevolmente puerili nel ribattere, ringhiare, mordere anche quando non sono aggrediti. Lo stile di molta destra, in Italia e non solo.
Ma non sto parlando di politica, soltanto di umane debolezze.
La televisione resta accesa, intanto. Come il frigorifero o il termosifone. Altrettanto significativa ma infinitamente meno utile.


25.10.04

Il tempo delle due mele

Caro Max CT, so cosa intendi. C'è un che di bellissimo e atavico nell'inaugurare un blog (la conversazione ai tempi di internet) parlando del tempo (argomento di conversazione dai tempi dei tempi). E' vero che qualcosa o qualcuno (di solito è qualcosa e qualcuno) ci ha guastato il piacere di conversare come provetti bernacca di cirrocumuli in arrivo e perturbazioni cicloniche in partenza, ma questo accade solo a noi, al cosiddetto (ma da chi? ma da cosa?) uomo della strada.

Sì, perchè a parlare del tempo ci pensa per tutti la tivvù. Facci caso. D'inverno fa freddo? No, è un freddo clamoroso, che congela il Paese. D'estate non fa caldo, ingenuotti che siamo: l'estate è un paese in ginocchio che fronteggia il rischio-anziani, il rischio-acqua, il rischio-fuoco, il rischia-tutto. E l'autunno, dio, com'è autunno! Rassegnamoci al peggio: l'han detto gli strilloni nella scatola magica.

E sia detto tra noi, ma spero tu abbia notato che non è mai stata primavera come quest'anno.

24.10.04

Strano autunno tiepido

È uno strano autunno tiepido.
Un ottobre afoso come un settembre povero e stinto.
Mi manca il freddo, quello che taglia e sorprende quando esci da casa. Immagino si tratti di un risultato dell'effetto serra. O forse no, non in particolare, non in questo caso. La sovrapproduzione antropica di gas di serra ci sta portando via il piacere di parlare del tempo.

Da più giovane mi sembrava molto sciocco dedicare tempo a scambiarsi opinioni sul tempo metereologico. Ero rigido, materialista dialettico, acuto e polemico. Mi sembrava una perdita di tempo, un modo banale di fingere reciproco interesse. Adesso che, se non altro, non sono più rigido (acuto probabilmente non lo sono stato mai), adesso che sono giunto alla convinzione che parlare del tempo sia un modo pudìco e delicato di incontrarsi, riflettere su qualcosa che ci unisce, di una realtà comunque più vasta delle nostre brevi vite, l'effetto serra mi obbliga (ci obbliga) a meditare sulla miseria della nostra presenza su questo pianeta, del breve arco di tempo che occupiamo (poste ventiquattro ore l'età delle terra, un solo secondo).
Galleggiando nell'umidità di un ottobre bastardo se esco di casa in questi giorni posso incontrare (e incontrare, e incontrare, e incontrare ancora...) i visitatori del Salone del Gusto (abito a Torino, a cento metri dal Lingotto).

Gente seriamente decisa a divertirsi, a soddisfare almeno uno dei sensi, a illudersi di assaggiare a scrocco dopo aver pagato il biglietto, come bambini a una festa per "grandi".

"Seriamente decisa a divertirsi". Si chiama ossimoro, credo. Il divertirsi come obbligo - ma anche come necessità - è un compito molto pesante. Personalmente lo considero un incubo. Ho già dato. Adesso mi diverto soltanto se capita, quando capita.

Non sono un puritano (tutt'altro) né un millenarista ritardatario. Soltanto mi immalinconisce questa volontà di divertirsi persino aggressiva e un po' ribalda. Un capriccio tirato troppo a lungo.

Non parliamo più del tempo, o se ne parliamo sappiamo che l'ombra dell'effetto serra rende patetica qualsiasi conclusione in proposito. Litighiamo ferocemente per un parcheggio libero fuori dal recinto del Lingotto, solo per risparmiare pochi euro. Vedi facce distorte dalla rabbia, pronte a sparare subito gli insulti peggiori, salvo poi ripeterli come dischi scheggiati perchè non c'è più spazio per il crescendo e il climax. Il sintomo di un'infelicità che non si vuole ammettere. Forse anche giustamente. Ma la festa è finita da tempo e sarebbe ora di togliere le tende. Di tornare alla normalità.