21.1.05

morire per un numero

Fino a non molto tempo fa pensavo che il gioco del lotto fosse un residuo, un po' patetico e un po' malinconico di altri tempi, ormai passati. Che a giocarlo fossero rimasti pochi anziani, legati più che altro a un'abitudine. Poi il lotto ha cominciato a decollare. È entrato nelle tabaccherie, è diventato mania, fissazione, per alcuni rovina. Come è successo, come è stato possibile? Mentre l'industria andava in crisi, i posti di lavoro diventavano instabili, si creava mobilità, si individuavano e si mettevano fuori gli esuberanti, cresceva il giro del lotto. I gratta-e-vinci, i concorsi per le veline, le apparizioni nei programmi RAI e Mediaset. Si è votato per il Berlusca, convinti che votare lui sarebbe stato – letteralmente – un terno al lotto. In tanti hanno stabilito che non esisteva più un futuro ma soltanto una sorte. E che bisognava giocarsela. Che non aveva più senso costruire un avvenire un passo dopo l'altro, col risparmio quotidiano, con qualche sacrificio. Si scivola verso la povertà tentando ugualmente di sorridere e di avere un look originale, nel caso telefonasse da Maria Defilippi.
Un semplice abbaglio matematico – un numero che non viene estratto da molto tempo DEVE uscire, prima o poi – sta rovinando la vita a un sacco di gente. Qualcuno si è suicidato. Suicidi imbarazzanti, che suscitano incredulità e un vago senso di umiliazione. Suicidi stupidi. Il 53 potrebbe uscire la prossima settimana o tra vent'anni. O mai più. Ogni volta si riparte da zero e i numeri sono sempre 90. Ma l'illusione continua perché si vuole continuare con tutte le forze a credervi. Gli illusi sono da sempre le prede preferite dei truffatori. E noi da truffatori siamo guidati e governati.

13.1.05

come ciminiere

Beh, effettivamente è stato un po' alfieriano il nostro attentatore. «Ha incontrato il tiranno e l'ha colpito». Come un Enrico Toti multimediale ha percosso il nemico con ciò che aveva sottomano. Certo, sarebbe stato preferibile che l'attentatore avesse avuto per le mani un coccio pieno di caciucco alla livornese o una meringata. Il nostro caro B. non si sarebbe fatto male (sono sempre contro la violenza, io) ma certo la sua immagine bisunta o candita avrebbe fatto ridere l'intera Italia, paese vigliacchetto dove si ride degli sconfitti trovandoli ridicoli e ci s'innamora dei vincenti.
Ma mi premeva, ora, parlare un attimo della legge sul fumo.
Sono una ciminiera, io. Non me ne vanto. Semplicemente è così. E sono d'accordo col vietare il fumo dovunque sia possibile e ragionevole. Ma debbo confessare un certo disagio tutte le volte che, alle spalle di una decisione sacrosanta, compaiono le sembianze di un salutismo burocratico, ginnico e ardito, a metà tra l'ecologismo paleonazista (wandervögel?) e i diktat delle compagnie assicurative. Mi sembra che della salute degli italiani ci si cominci a preoccupare giusto quando smettono di lavorare e se ne stanno comodi e tranquilli a oziare in attesa della pizza margherita. Già, perché molto più di una pizza margherita al mese molta gente non riesce a permettersi. Che poi i morti di infortuni sul lavoro siano troppi, che un sacco di gente faccia una vita di m... (la salute non è assenza di malattia, scrive l'OMS) in attesa di un SMS che gli conceda di essere sfruttato per altri tre o sei mesi, che non ci si possa decentemente immaginare un futuro né mettere al mondo figli perché il lavoro è poco e incerto... Beh, questo mi sembra almeno altrettanto grave del cancro al polmone. Il fumo aggrava le malattie degenerative, questo è vero, altera la circolazione, rovina i polmoni eccetera. Ma la preoccupazione principale del legislatore è quello di evitarci a tutti i costi malattie – che non vuol dire essere in salute – per risparmiare sui costi del SSN.
Con le tasse che i fumatori pagano sulle sigarette si potrebbe pagare loro una clinica in Svizzera a testa, nel caso. E smettendo di fumare temo ci sarebbe parecchia gente che, anche non avendo mai fumato, dovrebbe pagarsi lastre, TAC eccetera... Insomma pensiamoci un momento: forse si tratta della solita mistificazione.
In ogni caso preciso che ho smesso di fumare nei luoghi pubblici già da un paio d'anni.
Ma non ci sto a fare il tossico che avvelena la comunità innocente giusto per regalare a Sirchia la patente del salvatore della patria. Non fumare in presenza d'altri è buona educazione, governare in maniera decente è un dovere.

4.1.05

Lettera

Caro Roberto Del Bosco
non so che t'è venuto in mente quella sera di tirare un treppiede addosso al nostro Presidente del Consiglio. Forse troppe canne. In ogni caso spero che tu ti renda conto di quanto sia stato deplorevole il tuo gesto. Usare violenza fisica è sempre, e dico sempre, errato: spero che su questo non sussistano più dubbi.

Detto ciò: se uno vuole fare la cazzata della sua vita e avere la sua foto in prima pagina su tutti i quotidiani, allora imbottisce il treppiede di tritolo, ne unge gli spigoli col curaro e lo lancia insieme a un grappolo di bombe a mano.
Diversamente se ne sta a casa a farsi una birra e si fa passare le smanie di celebrità in altro modo, anzichè offire l'ennesima occasione al Beneamato di fare la vittima.