12.3.08

In controtempo: colpo di coda


Lunedì scorso, il 10 marzo, incontro con i lettori organizzato da Alex Defilippi.
Incontro con i lettori nel senso che buona parte delle persone che ho incontrato avevano letto la mia antologia. E questo basta già a fare dell'incontro qualcosa per me di molto più che sorprendente. Praticamente di soprannaturale.
A fare da commentatore, allenatore e ottimo lettore di qualche brano dell'antologia Silvia Treves. Che poi sarebbe mia moglie. E che vale tant'oro quanto pesa. Unico difetto, a questo proposito: pesa poco. Quaranta chili e poco più, dei quali una buona parte in cervello di prima qualità.
Alex ha degnamente introdotto. Silvia ha presentato l'iniziativa editoriale e io...
Dovevo ben fare qualcosa per guadagnarmi la cena gentilmente offerta.
Qualcosa che non fosse parlare dei racconti - in diversi casi già letti - dire come andavano a finire o narrare dei miei traumi infantili per spiegare perché le mie storie sono così.
Sicché ho preparato un intervento un po' più generale sul narrare e sul rapporto tra autore e lettore. Di tutta la zuppa, che riporto di seguito, mi piace la definizione di "narratore in seconda battuta". Ovvero la semplice constatazione che chi legge è in realtà "coautore" della storia narrata. Nel senso che la reinterpreta, la distilla, ne sceglie una chiave e un possibile significato.
Di particolarmente piacevole nell'incontro la discussione che è nata sullo scrivere e sul suo artigianato, resa anche più interessante per la presenza di altre tre persone che hanno scritto e pubblicato. Alex, ovviamente, Silvia e Barbara, due volte pubblicata in due edizioni di Fata Morgana. Faticosissimo, infine, scrivere dediche che abbiano un senso, soprattutto a persone che si conoscono poco o per nulla... ma un prezzo che si paga con enorme piacere sapendo che sono persone che hanno letto qualcosa di tuo.
E adesso una parte del testo del mio intervento.
Naturalmente sarebbe bello poter riprendere la discussione a partire da queste righe.
Disponibilissimo, per quanto mi riguarda.

«Scrivere è un gesto appartato ma non solitario.
Nella scrittura si presuppone l'esistenza del lettore. Ovviamente fantomatico, nel mio caso, quando scrissi questi racconti. La scrittura in forma narrativa, a differenza del diario con il quale ha comunque profondi legami, si conforma a canoni e criteri universalmente accettati. Si accetta la forma narrativa e nel farlo si accetta la presenza di un lettore che si suppone interessato a ciò che si va raccontando. Si narra davanti a un pubblico potenziale, avendo ben presenti le norme definite per il tipo di scrittura scelta.
Ci si sforza di interessare, in sostanza, non potendo contare sull'educazione e la tolleranza dello sconosciuto lettore.
Si devono prendere decisioni preliminari. Tra queste il grado di libertà del quale si intende fare uso e di quello che si intende lasciare al lettore.
È un aspetto importante della scrittura, questo.
Gli autori possono essere ritrosi o invadenti, enigmatici o didattici. Possono temere di apparire o cercare di apparire. Possono tenere per mano il lettore o affibbiargli una carta appena abbozzata e scomparire.
Possono fornire una spiegazione unica e incontrovertibile al loro testo o lasciare che i loro testi rimangano ambigui e non del tutto esplicabili.
Sono personalmente convinto che la seconda via sia un buon punto di equilibrio tra le esigenze di chi narra e di chi legge, ovvero del narratore in seconda battuta.
La scrittura è un tentativo di imitare la vita, «imitation of life», come cantano i R.E.M.
Una ricostruzione in bottiglia di fatti, eventi, persone.
La scrittura narrativa - se onesta - non vanta pretese di esaurire il reale ma soltanto di alludervi, di rappresentarlo per sommi capi lasciando al lettore il compito di arredare anche gli angoli non illuminati, di immaginare lo scenario, il tempo, il luogo.
In questo senso la separazione tra letteratura fantastica e letteratura «realistica» è estremamente labile. Giudichiamo realistico ciò che crediamo di conoscere, ovvero la sezione illuminata del mondo che l'autore è disposto a concederci. Riteniamo fantastico un mondo nel quale la parte illuminata non è familiare al nostro sistema di riferimenti, o, simmetricamente, che è in gran parte avvolto nell'ombra.
Le opere ambigue lasciano al lettore la convinzione fallace di comprendere il mondo nel quale la vicenda si svolge. In questo senso «barano», illuminando parti non significative e nascondendone altre che potrebbero fornire al lettore elementi di valutazione e di giudizio.
In realtà, a mio parere, la loro «imitazione della realtà» è spesso più raffinata e attenta di molte opere ritenute «realistiche». La nostra nozione di realtà è infatti largamente insufficiente, limitata com'è dalla qualità della nostra percezione e dal nostro modo - personale e socioculturale - di organizzare le informazioni in arrivo. Tutti abbiamo sperimentato frustrazione per non avere saputo giudicare una situazione, i motivi di un comportamento, le conseguenze delle nostre stesse azioni.
Io mi sforzo di scrivere testi ambigui, ovvero di rispettare - nella forma e nella sostanza - l'ambiguità profonda del reale. Faccio il possibile perché sia chiaro al lettore che la nostra capacità di afferrare e giudicare il reale è ben lontana dall'essere infallibile.
In qualche caso mi sforzo consciamente di condurre il lettore a conclusioni errate o parziali.
In altri casi il meccanismo scatta anche senza un mio disegno prederminato.
Mi sforzo di concludere le mie storie senza fornire un'intepretazione univoca di quanto accaduto.
Scrivo storie frustranti, mi hanno detto.
È possibile, anzi probabile,.
Ma non riesco a trovarlo un difetto, nonostante tutto.»
Silvia Treves a Duino, come Rainer Maria Rilke...

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Queste sono le cose per cui mi manca stare in Italia: non poter partecipare a momenti del genere.
Quello che mi piace delle tue storie è proprio questo: "Mi sforzo di concludere le mie storie senza fornire un'intepretazione univoca di quanto accaduto."

Anonimo ha detto...

Ti leggo.
Di corsa, tra una cosa e l'altra, sempre in ritardo, il capo di dietro, può vedere ad ogni istante cosa c'è sul mio video, chiedersi se lavoro, se mi guadagno la paga. Io che lavoro poco, molto poco per la paga, e che faccio molto ma non basta, uso molto tempo ma non basta manco quello, ecco, io, questo qui, ti leggo.
Rubo secondi o minuti, e passo sul blog, e leggo.
E non ho niente da dire, stavolta, e non volevo dirti niente, stavolta, però c'era la condizione iniziali, ricordi? Quella in cui dici che presupponi lettori.
Ecco, tutto qui: fai bene a presupporre lettori.
Ti leggo, e non sono manco il solo.
Ti leggo.

Massimo Citi ha detto...

Per Piotr: sei eroico.
Lavativo ma eroico.
Soprattutto sapendo il lavoro necessario per la rivista RM.
D'altro canto l'esistenza di lettori che non siano congiunti non è la garanzia di esser bravi né la patente per poter scrivere impunemente.
Una buona scusa per continuare a fare ciò che si ama fare, piuttosto: («si aspettano qualcosa da me»).
Quindi grazie per darmi questa possibilità...
Per Francesca: una buona imitazione, ovvero «il mondo nella palla di vetro» deve sforzarsi di mimare l'intreccio insolubile di motivazioni, azioni, gesti e fatti che domina il nostro passaggio su questo pianeta.
Per rilassarsi esistono i serial, dove tutte le cose, alla fine, vanno al loro posto. Detto senza alcuna sufficienza o snobismo. MI piace CSI New York proprio per questo...

Davide Mana ha detto...

Posto qui una lamentela/richiesta - perché non sono attivi i feed RSS su questo blog?
Io tengo d'occhio una trentina di blog tutti i giorni usando un aggregatore.
Scarico i feed e leggo le novità.
Fronte & Retro rimane sempre indietro... non è l'unico, ma è uno di quelli per i quali mi dispiace di più.

Per il reto, post eccellente.
Come al solito :-P

Massimo Citi ha detto...

Aehm...
Non sono sicurissimo di aver capito la richiesta.
Il mio problema nasce dal fatto che il blog è stato un regalo del vecchio webmaster di LN e io ho imparato ben poco della manutenzione di un blog.
Ma ho provato a fare qualcosa.
Sia chiaro: da qui in poi tutto quello che dirò potrà essere usato contro di me.
Mi sono iscritto a una cosa che si chiama feedburner che gentilmente e automaticamente mi ha fornito di un indirizzo web per il feed.
Inserendolo in una pagina delle impostazioni del blog sono stato rassicurato che eventuali interessati riceveranno un breve estratto dei miei nuovi post.
O almeno spero.
Se poi non accade avvisami.
O, meglio, spiegami che cosa debbo fare...

Davide Mana ha detto...

Credo sia necessario pubblicare da qualche parte sulla tua pagina l'indirizzo del feed - in modo che gli interessati possano accedervi, copiarlo e inserirlo nel loro software preferito.
A quel punto la cosa dovrebbe essere fatta.

Massimo Citi ha detto...

L'ho inserito subito sopra il mio profilo con la dicitura: «feed per benintenzionati».
Spero che funzioni.

consolata ha detto...

A proposito di ambiguità: il difficile è, secondo me, saperla calibrare. Come tua lettrice sono sempre soddisfatta, quando leggo in giro mi capita di rimanere sconcertata e nervosa. Certe volte mi sento punita dall'autore: ma lo fai per farmi dispetto, mi conduci fin qui poi mi abbandoni? Altre mi vien da dire, ma se non lo sai tu come finisce questa storia figurati se lo so io. Tu come fai a sapere quand'è che bisogna chiudere una storia, quanto bisogna dire e quanto va lasciato nel non detto? Voglio dire, c'è una scelta razionale, consapevole, o decide l'inconscio, o è la storia stessa che a un certo punto si ferma da sé? Mi interessa molto la tua risposta.

Davide Mana ha detto...

Feed anotato e schedato - d'ora in poi i miei interventi saranno tempestivi e pedantissimi.

Massimo Citi ha detto...

Per Consolata.
Ma anche per chiunque abbia voglia di leggerlo.
Una raffica di domande apparentemente innocente ma in realtà omicida.
«Tu come fai a sapere quand'è che bisogna chiudere una storia, quanto bisogna dire e quanto va lasciato nel non detto? Voglio dire, c'è una scelta razionale, consapevole, o decide l'inconscio, o è la storia stessa che a un certo punto si ferma da sé?»
Cerco di rispondere senza scrivere sei o sette pagine.
Il concetto di ambiguo deriva direttamente dalla complessità. Mi spiego: un universo narrativo sufficientemente complesso - ovvero ricco di possibili sviluppi dati dal temperamento e dalla storia dei personaggi, dal quadro dei fatti, dall'ambientazione, dal momento scelto - contiene automaticamente un grado variabile ma tendenzialemnte molto alto di ambiguità.
Un esempio, del tutto inventato.
A è un soldato di un'armata sconfitta e dispersa. Incontra B,funzionario del governo responsabile della guerra, in fuga dalla capitale vicina all'essere conquistata. Può accopparlo oppure unirsi a lui. Ammirarlo, proteggerlo o detestarlo. Il nemico non appare mai - non DEVE apparire - e i due percorrono luoghi attraversati dalla guerra. A salva la vita a B più di una volta, ma ammettiamo che A lo salvi perché vuole essere LUI a ucciderlo.
Il viaggio di A e B termina davanti alla riva del mare. Una nave carica B. Nell'allontanarsi dalla riva B volge la schiena ad A che impugna la pistola.
Ma A non lo uccide.
Si allontana, getta divisa e pistola e scompare.
Camera fissa sull'orizzonte.
Beh, in un caso come questo direi che è la storia stessa a condurre la mano del narratore. Semplicemente creando una situazione con, in apparenza, soltanto due o tre possibili sviluppi. Ma, per quanto mi riguarda, il lavoro di chi narra dovrebbe essere quello di evitare le risposte troppo facili.
Quindi A non spara subito a B. Aspetta, aspetta, intanto conosce B. Lo disprezza e il lettore si attende l'omicidio da un momento all'altro. Ma questa è una soluzione «facile» e tu sei conscio che difficilmente le cose vanno come ci si attende che vadano.
La scena finale ne è il sigillo.
Tu, autore, e lui, il lettore, avete fatto un passo avanti. Siete più consci che il mondo è complesso e la mente umana lo è altrettanto.
In sostanza la mia risposta dovrebbe essere: «cerco di non seguire mai le strade troppo battute e per principio scarto la prima idea che mi viene in mente».
Ma in questo direi che siamo fratello e sorella, visto come procedono parecchie delle tue storie...
Comunque darti una risposta è stato un piacere.

consolata ha detto...

Risposta molto esauriente. Avrei altre cose da dire ma mi fermo qui, per amore di ambiguità.

Massimo Citi ha detto...

... Sempre a disposizione...