30.4.08

Infortuni

Capita a tutti, nell'ansia di stendere un passaggio significativo, di sbagliare malamente il significato di un verbo o di costruire locuzioni alle quali chiunque non sia l'autore darà un senso completamente diverso o addirittura opposto a quello previsto e desiderato.
Rileggere con calma e far leggere a un lettore di fiducia serve anche a questo. A evitare infortuni che possono nella migliore della ipotesi rendere oscuro un passaggio del vostro testo. Nella peggiore scatenare l'ilarità o il sarcasmo del lettore.
Se infatti il celeberrimo «Quando si svegliò era morto» di Poinson du Terrail si può almeno in parte spiegare con la fretta degli autori di romanzi d'appendice della prima metà del XIX secolo, malpagati e vincolati a tempi di consegna rigidissimi, paradossalmente meno giustificabili gli svarioni di autori non professionisti.
Tra i compiti del mio lavoro di piccolissimo editore c'è anche quello di leggere - fortunatamente non da solo - i racconti pervenuti per il concorso annuale «Fata Morgana». Il numero di racconti pervenuti per ciascuna edizione del concorso è una variabile determinata da due elementi:1) il numero di segnalazioni del concorso da parte di periodici e siti web; 2) il tema proposto agli autori.
Il numero massimo di racconti pervenuti - all'incirca duecento - fu per l'edizione 2004 del concorso. Il tema proposto in quell'occasione su «Coppie, opposti, nemici, amanti», un insieme di proposte evidentemente apprezzate anche dagli autori non professionisti. La lettura risultò comunque defatigante. A dieci cartelle a racconto si trattò di leggere più di duemila cartelle, l'equivalente di un «Signore degli Anelli».
Il lavoro fu condotto a termine e ne nacque un'ottima antologia. Ma la lettura prolungata e talvolta tutt'altro che piacevole innescò una discussione nella giuria del concorso. Il numero di testi pervenuti al di sotto di uno standard minimo di leggibilità fu infatti molto alto. Da questa discussione nacque un articolo che fu pubblicato in LN 33 dove, in particolare, mettemmo in rilievo:
«la totale assenza di considerazione per l’ipotetico lettore, chiamato a stupirsi ed emozionarsi davanti a una prosa approssimativa che l’autore non ha sentito il bisogno di rileggere con sguardo freddo e analitico».
Ma non ci fermammo qui e all'articolo facemmo seguire un campione di sciaguratezze lessicali.
Il nostro intento non era tanto di irridere gli infelici autori colpevoli di trascuratezze e svarioni, quanto di sottolineare la necessità di praticare il professionismo anche non essendo professionisti e di curare - leggendo, leggendo, leggendo - il lessico che si rivelò in decine di casi:
«quasi sempre scarso e ripetitivo. Talvolta approssimativo, come se l’utilizzo di un dizionario fosse una barbarie vietata dalla convenzione di Ginevra».
Gli esempi che riporto sotto, una selezione di quelli originariamente pubblicati sulla rivista, sono un ottimo esempio di come NON ci si deve accostare alla parola scritta e di come certe presunte «raffinatezze» possono risultare urticanti o decisamente comiche.
Ultima avvertenza: i titoli sono, naturalmente, apocrifi.
 
- Transessualità
Ma io, in Max, vedevo solo Elena
- Che mascalzoni!
Rischiavano d’increspare il loro già fragile equilibrio
- Solo a tratti
a tratti covavo l’urgenza di morire
- Corpo di mille cannoni!
ogni suo gesto era destinato a ravvivare la favilla delle mie arterie
- Inquinamento
… giglio tra i grigiori arbusti
- Cautela, perbacco!
Incauto! Lasciare le bionde chiome nei miei aculei opulenti!
- O tempora, o mores!
fui specularmente sopraffatto dalla barbarie
- Fa la civetta?
Lei voltò ostentatamente la testa dal lato opposto
- Uomo in ammollo
L’uomo gocciolava nell’ingresso
- Diavolo di uno scenografo!
La scena era repentina e ossessa
- Lapalissiano
Nudi nella loro fisicità
- Discolaccia
Una fanciulla dall’aspetto monellesco
- Sottovoce, però
pareva che gli oggetti parlassero, in quell’atmosfera un po’ cimiteriale
- Stratigrafia
preventivandone il successo su grossi strati di pubblico
- Grand guignol
… In quel corpo, che cominciò a eruttare sangue
- Comprati in saldo
Pesanti abiti mi opprimevano le carni
- Impetuoso e frivolo
L’odore del caffè le afferrò le narici e corse verso il fornello, infilando una camicia di cotone colorato
- Voce stizzosa
La voce era rimasta seduta al tavolo e le dava le spalle
- Pensiero molesto
Si raccapricciava al pensiero
- Quasi tutti
Dopo aver riaperto quasi tutti i balconi
- Gulp!
l’uomo soprassalì
- Fragorose solitudini
tra mille solitudini che si urtavano scalpitando
- Sguardo rapace
Quando agganciò con i suoi occhi azzurri e trasparenti i miei…
- Che tempo farà?
L’argenteo cielo plumbeo
- Portuale
… e lei ha attraccato alla mia spalla
- Rispondere, prego
Le domande continuavano a rimbalzare contro le pareti
- La precisione innanzi tutto
Tentai di voltare il mio viso
- Che pretese!
Tu pretendi che non sarei dovuto tornare
- Penosa confessione
È altrettanto necessario che le confessi cosa mi vive
- Mocassini calibro 42
Sparai con tutto quello che avevo addosso
- Anche il mio gatto
Il tempo balzava dalla camicie ai calzini annodandosi intorno alle cravatte
- E se avesse ragione il babbo?
un abbraccio distaccato a suo padre assolutamente disapprovante per l’ennesima balzaneria
- Femminista
In altre sere, invece, erano le donne a prendere il posto dei cavalli
- Domanda ingegnosa
«Quanti anni hai?», si ingegnò di chiederle
- Acquirenti scarsi
rimanenze di gatti morti
- In mancanza di meglio da fare
E il cielo pioveva
- Gulp! (2)
Di scatto. Sobbalze!
- Geometria letteraria
Parcheggiate agli angoli tondi
- Mai riposare sugli allori
Precipitò nello sconforto più nero, ma non ebbe il tempo di crogiolarsi
- Science-fiction
Quando rinvenne aprì gli occhi e vide un cielo viola tutt’intorno a lei
- Di getto
… i capelli corvini tagliati di getto da un’unica decisa sforbiciata
- Brodoso
mi sentii tirare con inusitata energia dal lato di mezzo ai due risucchi
- Tiro mancino
Dopo 22 anni, 11 mesi e 15 giorni di ininterrotta prigionia mi rassegnai all’evidenza e all’ironia della sorte
- Ne hanno viste tante
allora buttò giù dal quarto piano i suoi occhi
- Repentino slow
L’espressione del suo viso passava dal sorridente al corrucciato nel giro di pochi minuti
- Niente frivolezze
Il buio riempiva la stanza con il suo manto silenzioso e allo stesso tempo austero

8 commenti:

Piotr ha detto...

Non ci casco, non ci casco, non ci casco!

Si vede benissimo che è una trappola. Fai finta di voler introdurre l'uso improprio di certi vocaboli, glissi con arte all'inizio, chiudi con scoppiettanti citazioni alla fine, e speri che noi non si veda il trappolone autoreferenziale che piazzi artatamente nel mezzo.

Dì la verità, stai facendo un test per conto di qualche dizionario, se non proprio della Crusca. Confessa!

Tanto lo so che quel "defatigante" ce lo hai messo a bella posta, fustigator di malcostumi linguisitici che non sei altro...

Massimo Citi ha detto...

No, sono innocente, giuro!
Non solo, i brani citati sono assolutamente genuini e inalterati.
A essere sincero quel «sobbalze» non cessa di stupirmi ed emozionarmi. Come coniugazione inesistente del verbo sobbalzare ha la dignità delle cose che avrebbero potuto essere ma non sono state.

Massimo Citi ha detto...

Piotr, lo so che ritornerai.
Quindi ne approfitto per fare tutti i miei complimenti a te, Fran e Rudy per la nuova rubrica su Le Scienze.
Da inetto matematico non ho nemmeno tentato di risolvere l'enigma proposto, ma mi ha fatto enormemente piacere ritrovarvi lì.

Anonimo ha detto...

:-D :-D :-D :-D :-D :-D :-D

impagabili... in tutti i sensi (ma il premio prevedeva un qualche emolumento, per caso?). Sarebbe però forse da salvare quel ".. il cielo pioveva", a mio avviso, rivendicandone le ascendenze nobilissime (il latino del liceo non si scorda mai... )

Davide Mana ha detto...

Io continuo a preferire gli "aculei opulenti" - sarà perché sono paleontologo.

Ma anche "arbusto" usato come aggettivo non è male.

Altro che "infortuni"...

Massimo Citi ha detto...

Effettivamente «Il cielo pioveva» ha una qualità poetica notevole. Ha qualcosa dell'ungarettiano «M'illumino d'immenso».
«Gli opulenti aculei» suona benissimo. Mi sono chiesto spesso che cosa avesse in realtà in mente di dire l'autore, ma anche avendo potuto leggere l'opera dalla quale la frase è stata espunta non sono arrivato a nessuna conclusione.
Tra i miei preferiti, comunque l'alchemico «L'argenteo cielo plumbeo» e «L'uomo gocciolava nell'ingresso», che ha qualcosa di malinconicamente fatale.

Fran ha detto...

OT: Grazie Max per i complimenti!
Siamo tutti e tre molto emozionati e sorpresi, come sempre in questi casi, siamo sicuri che prima o poi il direttore si sveglierà e si accorgerà di essersi sbagliato.

Poi... sarebbe bello vedere i migliori di quest'anno, sono certa che ne hai raccolti di ottimi :-)

Massimo Citi ha detto...

Ahimé no.
Nelle ultime edizioni di FM sono arrivati racconti per la maggior parte almeno decorosi. Non tutti capolavori, naturalmente, ma comunque scritti da persone che avevano un'idea accettabile del lessico e della sintassi.
In quanto al vostro arruolamento a Le Scienze tendo a pensare che non ci sia nessun errore.
E ho automaticamente ragione, dal momento che sono il vostro editore.
... Va bene, va bene. Quando poi avete finito di ridere fatemi un fischio.