30.8.08

Uno e nessuno


31 di agosto.
Un caldo instabile, aria immobile, clima da estate che si va gradualmente disperdendo.
Mi sono tolto i punti, anzi mi hanno tolto i punti. Il risultato è un insieme piuttosto pauroso, sinceramente. Una doppia serie di segni che corre dal sotto la mandibola fino all'inizio della clavicola. Onestamente pensavo a qualcosa di più moderno ed elegante.
Mi chiedo se, quando sarò pronto per il secondo intervento, questo doppio segno sarà stato ingoiato dalla pelle o sarà ancora visibile?
Che effetto farà girare con un doppio tracciato più o meno sanguinoso?
Ben poco, probabilmente.
La malattia è personale, non collettiva, scrive Sacks. La «mia» malattia che mi colpisce è in realtà del tutto normale. Potrei finire su un manuale di chirurgia vascolare e trovarmi a considerare con distaccato disgusto e personale orrore lo stessa lunga serie di segni. Esattamente come possono fare altre migliaia e migliaia di persone.
La malattia conserva in se stessa entrambe le sue nature. La sua natura «sociale» che la rappresenta pubblicamente e la rende riconoscibile e la sua natura «personale» che la rende un bene interamente vostro.
Ciò che vi permette di ripetere ad alta voce: «la mia carotide», come potrebbe essere per un cancro, un escrescenze, un bubbone. Quella sottile o profonda differenza che, mentre vi mette a confronto, vi permette di sentirvi diversi, un po' strani, un po' curiosi.
Anche la morte rimane un po' sullo sfondo, un po' secondaria. Si riunisce nella periferia del gruppo di esperti. Non parla per conoscenze né si esprime per necessità. Ma se qualcuno le chiede qualcosa non ha difficoltà a rispondere. Non ha difficoltà: siamo tutti suoi ancora prima di essere sofferenti e suoi saremo sino alla fine.
No, la realtà è che il «la mia carotide» (o, meglio, le «mie carotidi») vorrei non avessero nulla ma proprio nulla di mio. Vorrei fossero semplici frammenti e attimi. Casuali reperti. Angoli immaginiferi di sostanze assurde e imprevedibili.
Qualcosa che nel passare dal sonno alla realtà (o viceversa) potrebbe essere tagliato via. Sottratto, dimenticato con un sorriso.
Lo so che non è così, ovviamente.
Che ognuno di noi è una creatura senza speranza.
Conviene sorridere, in fondo.
E fare finta che ci siano ancora migliaia e migliaia di giorni.

13.8.08

Imprevisti

Quanto tempo occorre per scrivere una frase?
Quanto tempo occorre per capire il significato di una singola parola?
E di una sillaba, quando tempo ci vuole per capirla?
Quest' estate, nel periodo compreso tra il 5 agosto e oggi, il 22 agosto, ho «perso» - anche soltanto temporaneamente, me lo auguro - la capacità di utilizzare le mie doti più sottili e raffinate.
Per questo numero di LN - il 47 - non scriverò nulla e ringrazio il cielo di aver già praticamente terminato il lavoro condotto per ALIA 5.
Per CS... beh, ieri mi hanno operato e mi hanno sistemato la prima delle due carotidi, la seconda la sistemeranno tra un paio di mesi. Due carotidi che ignoravo, peraltro, di avere in queste condizioni.
Ho messo giorni soltanto per darvi da leggere queste povere, poche frasi...
Penso che mi ci vorranno alcuni mese per ricominciare a leggere e scrivere come facevo prima del 5 di agosto...
Abbiate fede, amici e abbiate pazienza....
E per qualunque dubbio scrivete a Silvia!