10.1.13

Iain (M.) Banks: la Cultura di un autore di fantascienza

Ripubblico qui, dopo essere comparso sul blog Il futuro è tornato, il mio lungo articolo su Iain M. Banks e sulla Cultura. Un articolo che mi è costato un certo lavoro ma del quale devo - nonostante tutto - ringraziare l'ottimo Nick di Nocturnia, che con minacce e lusinghe è riuscito a schiodarmi dalla mia pigrizia intellettuale. L'articolo, pubblicato in due parti, ha provocato un certo movimento, sia nel blogger-mondo che su Facebook, dove Davide Mana ha provveduto a creare un po' di interesse. Ne approfitto per ringraziare, tra gli altri, Davide Mana per l'apprezzamento dimostrato e Iguana Jo per il dibattito che ha contribuito a creare, permettendomi di mettere maggiormente a fuoco a punto alcuni punti essenziali del mio articolo. Piccola nota: questo articolo non è una biografia né si candida a voler presentare l'intera opera dell'autore scozzese. Si tratta unicamente di un piccolo contributo per eventuali interessati alla scoperta del suo lavoro in ambito fantascientifico

 
Iain (M.) Banks è nato nel febbraio del 1954, in Scozia, a Dunfermline, nel Fife, una piccola città ma che è stata la capitale della Scozia. E vi è nato più o meno sette anni dopo Ian Anderson - se non sapete chi è potete informarvi wikipediando sulla tastiera del vostro pc le parole «Jethro Tull» - e questo è già quanto basta a rendermi la città particolarmente simpatica.
Il nome gaelico della città è Dùn Phàrlain e anche il fatto che la città possieda un nome in due diverse lingue è un elemento a suo modo consonante con il tema di questo breve lavoro. Iain Banks, infatti, è noto al mondo con due nomi, ai quali corrispondono due diverse tendenze narrative. Iain Banks, infatti, è autore di horror, fantastico, gotico e mainstream, mentre Iain M(enzies) Banks è autore di sf, space opera, distopia e, solo secondo alcuni, cyberpunk.
La M di Menzies indica un «middle name» che il padre di Banks dimenticò di registrare all'anagrafe e che il figlio ha in seguito adottato come facile formula per distinguere la propria produzione. Ovviamente per coloro che ci tengono. I «due» Banks, I.M.Banks e I.Banks sono stati comunque stati inseriti dal Times tra i cinquanta migliori scrittori inglesi attivi dal 1945. Un risultato tutt'altro che trascurabile per un autore di sf.
La Cultura è nata da Iain M. Banks probabilmente come intuizione per dare uno sfondo unitario ai suoi romanzi di space opera. È un nome breve, sintetico, che racchiude milioni di diversi significati.
Ma innanzi tutto essa è strana:

Ma l’ambiguità della Cultura, il suo apparire insieme fortuna e condanna dell’umanità, il suo orientamento antiretorico e la sua prassi, perennemente oscillante tra prassi diretta e contorti bizantinismi, le calcolate reticenze e le osservazioni solo apparentemente casuali sono il modo personale di Banks di sfuggire alla necessità «morale» di definire una società futura. Un sottile umorismo percorre e innerva le descrizioni della Cultura, forma di società futura ipotizzata per rovesciare e ridicolizzare il nostro presente. Gli utensili intelligenti della Cultura – dalle astronavi alle armi – sono moralisti, formali, guidati da dettami etici vincolanti e praticamente insopportabili, simili a vecchie zie petulanti che hanno immancabilmente ragione e anche per questo risultano particolarmente moleste.
Di fronte a questo genere di macchine gli umani possono rivelare i propri tratti immaturi, tanto più che saranno le Menti sintetiche a indirizzarli verso forme di esistenza e coesistenza accettabili (da: recensione a «Considera Fleba», LN-LibriNuovi out-of-print).

Menti sintetiche.
La Cultura è innanzitutto una forma di intelligenza diffusa, penetrante, vischiosa e immane, curiosa, pettegola, crudele e anticonvenzionale. Un'intelligenza ambientale, che permea e attraversa, mutandone il significato e il verso, lo scopo e la funzione di oggetti d'ogni genere, dalle armi portatili alle navi stellari:

«Attenzione!» gridò la pistola. «Solo il personale autorizzato può provvedere alla manutenzione! Ogni tentativo di smontare questo oggetto avrà come risultato la sua irreversibile disattivazione!»
«Zitta, piccola bastarda» dissi (e la pistola tacque). (da: «Un dono dalla Cultura», Fanucci, Solaria, trad. Anna Feruglio Dal Dan)

Un'intelligenza innocente, ma tutt'altro che innocua,

Le Menti che governano la Cultura sono per antonomasia entità innocenti, ma l’innocenza, come ci ha insegnato Chesterton, non coincide con l’ingenuità né, a maggior ragione, con la superficialità… (da: recensione a «Volgi lo sguardo al vento», LN-LibriNuovi out-of-print)

Definire la Cultura è relativamente semplice. Da un certo punto di vista può essere definita come «Una forma di intelligenza di natura sintetica, estesa nello spazio a controllare ogni azione di origine umana, cercando di ridurne e smorzarne i tratti violenti e infantili». Una definizione ovviamente tendenziosa e ridotta alla sua semplice condotta relativamente agli umani (e alle altre specie intelligenti), ma dove «ridotta» non significa né elementare né semplice e può essere narrativamente molto interessante spiegare come la Cultura interviene nelle faccende umane.

Definita in vario modo – per qualcuno persino «comunista» – la Cultura inventata da Banks è un’entità politica ibrida, dove si ritrovano elementi di gran parte delle ideologie radicali che hanno attraversato il XX secolo, strappate al limbo dell’utopia con la pragmatica applicazione da parte di strutture senzienti non umane. L’elemento di particolare interesse del sistema politico della Cultura sta nel volgere in termini positivi un caratteristico incubo della sf (e non solo): la società dominata dalle macchine, ovvero da un determinismo meccanico che esclude radicalmente l’intuizione e l’emotività umana. E qui il primo riferimento che viene alla mente non è letterario ma cinematografico: il ciclo di Terminator.
L’aver postulato un universo compiutamente postideologico (e in ultima analisi postumano) permette a Banks di giocare costantemente sulla linea d’ombra tesa tra l’utopia e l’incubo, moltiplicando, sovrapponendo e contrapponendo i punti di vista a proposito dello «stato delle cose» tra macchine, umani e alieni. (da: recensione a «Volgi lo sguardo al vento», LN-LibriNuovi out-of-print)

Gli esseri umani, nell'universo dominato dalla Cultura, hanno il diritto di comportarsi in una maniera infantile, rabbiosa, autistica e autolesionista - e qui il miglior riferimento dell'universo della Cultura è a Il signore delle Mosche, di William Golding - ma sarà la Cultura a decidere della loro sorte, direttamente o semplicemente lasciando che il gioco delle influenze, dei gesti, delle azioni e delle risposte decida in sua vece.
La Cultura ha tempo, e questo è un elemento centrale del suo esistere.

La Cultura è una comunità intergalattica regolata dal principio del progresso: i suoi cittadini vivono per secoli interi e le sue emanazioni […] sorvegliano e controllano la galassia a bordo di gigantesche astronavi guidate da intelligenze artificiali (le Menti) di enormi capacità. (S.Pergameno, prefaz. a «Lo stato dell'Arte», Fanucci Solaria, 2001)


Chi vi ricorda, Iain M. Banks?

Quando si parla di gioco, non posso fare a meno di pensare, in ambito fantascientifico, a un romanzo ammirevole e per molti aspetti esemplare [...]- Penso cioé a Il disco di fiamma (Solar Lottery, 1955), il romanzo di esordio di Philip K. Dick. (Piergiorgio Nicolazzini, presentazione a «L'Impero di Azad», Nord, 1990)

[...] L'universo della Cultura assomiglia un po' ai conglomerati di mondi vanciani. Di Vance possiede anche la bizzarria e la forza immaginifica» (S.Pergameno, prefaz. a «Lo stato dell'Arte», Fanucci Solaria, 2001)

In apparenza ci muoviamo tra P.K.Dick e Jack Vance, ma non possiamo dimenticare i Signori della Strumentalità di Cordwainer Smith, che la Cultura di Banks sembra richiamare insistentemente quando nutre i suoi gesti di un antiumanesimo in tutto degno della stessa suprema indifferenza raccontata da Cordwainer Smith. Un'indifferenza che un universo pienamente tecnologico come quello di Banks non sente la necessità di motivare e che, contemporaneamente, è spesso l'elemento di crisi che i suoi romanzi portano alla luce. Il metamorfo Horza, protagonista di Pensa a Fleba, Linter in Lo stato dell'arte, Ghel di Volgi lo sguardo al vento, Gurgeh de L'impero di Azad sono, ognuno a suo modo, dei paria, dei reietti, strani soggetti in qualche modo inclusi nel grande gioco della Cultura senza esserne in nessun modo testimoni. Minuscole pedine che Banks muove con il suo macabro e spietato sense of humour, con una cifra narrativa che può ricordare il grande Jack Vance ma spesso condotta oltre il limite, sia pure bizzarro, tipico dell'autore americano. In Banks manca un principio «umano» di crudeltà, sostituito da una lucida, inflessibile tecnoregola riconoscibile come corretta ma in sostanza inaccettabile per la mentalità comune.
Questo ci conduce a individuare un altro grande possibile co-autore nella narrazione di Banks. Se qualcuno ricorda l'incomparabile e sinistro Jonathan Swift di Una modesta proposta, ritroverà nelle sue pagine lo stesso gusto lucido e stravagante, la stessa inaccettabile e insieme indiscutibilmente corretta scelta di soluzione dei problemi.

Cultura e politica in Iain M. Banks

A noi tocca il migliore dei destini. L’alternativa è qualcosa come la Terra, dove per quanto soffrano, per quanto ardano di dolore e di confusa, imprecisa angoscia esistenziale, pure producono più spazzatura che altro; soap opera, quiz show, giornali dozzinali e romanzacci rosa. ( da: «Un dono dalla Cultura», Fanucci, Solaria, trad. Anna Feruglio Dal Dan)

Lo so, il giochino con la parola «Culture» è fin troppo facile, ma è difficile resistere alla tentazione. Una visione politica ragionevole applicata alla Cultura è un esercizio decisamente complesso e altamente sdrucciolevole. Proviamo a procedere per indizi, fino a costruire una sorta di prova.
La Cultura non è una democrazia. Il motivo è molto semplice, non si tratta di creature «nate uguali» ma di esseri viventi di varia origine e natura, autocoscienti e autodeterminati. La forma tradizionale di democrazia non è applicabile in quest'ambito. Questo non significa che i pareri personali o di gruppo siano ignorati, ma soltanto che essi vengono analizzati secondo numerosi e diversi punti di vista. Il risultato finale è, in ultima analisi, imprevedibile per un umano. La Cultura è un'entità capace di risposte trans-umane che, come ognuno può verificare leggendo, appaiono stranamente perfette, come taluni imprevedibili - e vagamente sinistri - interventi diretti della Provvidenza.
Nella Cultura esistono unicamente incarichi. Non esiste un ruolo sociale definitivo: un operaio o un imprenditore, un professionista o un tecnico. Tutti possono essere «arruolati» in un ufficio della Cultura se ritenuti utili alla sua sopravvivenza o silenziosamente emarginati o eliminati se ritenuti pericolosi.
Nella Cultura non è rilevante il denaro né sono considerate essenziali le proprietà personali. Un elemento di notevole rilievo che mina alla base l'organizzazione della piramide sociale.
La Cultura non è nazionalista né localista, razzista o sessista. I concetti centrali dell'identità umana: «Sono di, vengo da, sono di origine, nasco da, sono maschio, sono femmina, sono gay, sono lesbica» non hanno alcuna importanza o rilievo. Conseguentemente non esistono forme di separazione o di persecuzione.
La Cultura non ha una morale predefinita né la sua condotta si attiene a principi etici. L'aspetto fondamentale del comportamento della Cultura è insieme linea di condotta e principio fondante: la praxis. La Cultura se attaccata agisce rapidamente e con accurata precisione. Il principio morale viene preso in considerazione come apparato di pensiero se ritenuto di qualche importanza nell'approccio verso l'avversario. Il che significa, in breve: «Se tu ci credi, è un tuo punto debole».
Per farla breve, la Cultura è atea, non crede alla proprietà privata, è internazionalista (o interplanetaria), egualitaria, indifferente alle posizioni sociali e non crede nella democrazia rappresentativa. «Comunista», secondo alcuni. Io preferirei una definizione più vasta che sicuramente contiene il significato letterale di «Comunismo»: l'Anarchia, nel suo significato originale di attiva assenza di un governo centrale. A questo proposito non risulterà fuori luogo ricordare le nettissime prese di posizione di Banks contro la guerra in Iraq, la posizione internazionale di Israele, la politica della Gran Bretagna - sia sotto Tony Blair che con l'attuale leader conservatore - e il suo sostegno alla causa dell'indipendenza scozzese.
Che gli scozzesi non siano individui troppo facili da trattare lo si può facilmente immaginare. Ma, tanto per fare un piccolo esempio, basterà ricordare che cosa avviene nel libro di David Mitchell, L'atlante delle nuvole, quando uno dei vecchietti ricoverati loro malgrado in un lager-casa di riposo grida ad alta voce: «Non ci sono dei veri scozzesi in questo pooosto? Quelli là sono inglesi maaalvagi che calpestano i miei diiiriiitti dati da Dio!»
No, meglio ricordare sempre che Iain M. Banks è uno scozzese.

Il futuro della Cultura

I libri di Iain M. Banks pubblicati in Italia sono esauriti o molto vicini all'esaurimento. Il motivo è in apparenza banale e apparentemente inoppugnabile: gli italiani non amano la fantascienza. «Urania» è passata dai cinquanta-sessantamila acquirenti degli anni Ottanta ai cinque-seimila attuali e non esistono più editori specializzati a diffusione nazionale.
Ma, calma un attimo, si rischia qui di attribuire una precisa tendenza unificante a eventi non strettamente collegati tra loro. Dagli anni Novanta in poi la sf e i suoi autori hanno acquistato nei paesi dove ha da sempre avuto maggior successo - i paesi di lingua inglese, la Germania, la Francia, il Giappone e la Cina - maggior rilievo. Questo ha automaticamente condotto a un aumento del costo dei diritti di traduzione che ha finito per mandare fuori mercato gli editori italiani. Il risultato - e si parla qui esclusivamente di costi - è stato un abbandono del genere per gli editori «specializzati» come Fanucci, la chiusura e il passaggio di proprietà per la storica Editrice Nord e la malinconica decadenza della rivista «Urania».
D'altro canto, provando a modificare appena un po' il nostro punto di vista potremmo arrivare a scoprire che il grosso problema della sf è quello di essere un genere letterario complesso e che - come il romanzo storico, il poliziesco deduttivo o la biografia storica - richiede una competenza di base al lettore. In fondo per leggere che Gina ama Pino ma non è riamata o che Fdriut riuscirà a vendicarsi dello stregone Kottnen che ha sterminato la sua famiglia non è richiesta nessuna competenza, mentre per comprendere perlomeno i principi di base della genetica, dell'informatica, della cosmologia o della teoria dell'evoluzione sulla quale sono basati molti dei romanzi di sf, è necessaria quantomeno una forte curiosità e una certa disponibilità all'apprendere.
Curiosità e disponibilità ad apprendere nell'Italia del 2013?
Naaaa. Gli italiani non amano la sf. Gli italiani amano i pornosentimentali, i noir seriali e i librini della Litizzetto.
O perlomeno questo è ciò che hanno stabilito le case editrici.
Quindi se qualcuno prova della curiosità e dell'interesse per Iain M. Banks e la sua Cultura, costui dovrà non soltanto preoccuparsi di avere una minima cultura scientifica di base ma anche un discreta conoscenza dell'inglese. O di qualche altra lingua nella quale il nostro autore sia stato tradotto [1], per poter acquistare e leggere gli ultimi tre romanzi della Cultura: Matter (2008), Surface Detail (2010) e Hydrogen Sonata (2012).

Iain Banks con e senza «M» [2].

Soltanto un paio di parole, non di più, sul Iain Banks autore di « horror, fantastico, gotico e mainstream» e sul Banks autore di romanzi di sf non della serie della Cultura.
Del primo mi limito a riportare un paio di commenti a loro modo esemplari scritto da Silvia Treves al suo Complicità (2004):

Con una prosa nitida, discreta e priva di compiacimenti Banks induce il lettore a condividere i malesseri di Cameron e a divenire complice riluttante di un giustiziere animato da un’etica distorta, velleitaria e disperata, che si sostituisce alla società dopo aver sperato in essa, dopo aver atteso invano che il governo liberista o l’opposizione di sinistra offrissero una prospettiva di riscatto, di cambiamento.

e a Corpo a corpo (2000)

...Grandiosa deriva letteraria ed emotiva, il romanzo di Banks, scritto nel 1986, è considerato da molti il suo capolavoro non fantascientifico. Inutile cercarvi spiegazioni puntuali e la sicurezza di un punto d’arrivo: alla fine ogni vicenda troverà il suo posto, il «mistero» del Ponte verrà spiegato, con soddisfazione dei lettori che, pagina dopo pagina, cominciano a immaginare una possibile soluzione.

Per quanto riguarda il Banks libero dalla «Cultura» segnalo i due romanzi a suo tempo tradotti in italiano dall'Editrice Nord e ora, naturalmente, esauriti.

1) L'arma finale (Against a dark Background, 1992), 1993

2) Criptosfera (Feersum Endjinn, 1994), 1995

Il primo basato sulla ricerca dell'Arma Finale, ovvero una delle armi speciali costruite dalla più vasta intelligenza artificiale mai esistita, il secondo ambientato su una Terra profondamente mutata e prossima alla fine.
Due buoni romanzi - parere personalissimo - ma leggendo i quali si attende (inutilmente) l'apparizione della Cultura...

Conclusione.

Soltanto poche parole per concludere questa affannosa rincorsa attraverso uno dei fenomeni letterari della sf nata a cavallo tra il XX e il XXI secolo.
La Cultura è stata - ed è - un'invenzione narrativa unica e per molti versi assolutamente inimitabile. La Space Opera nelle pagine di Iain M.Banks ha perduto i suoi panni di ingenuo tuttofare o di servetta sciocca della fantascienza «seria» per diventare una forma ricca e ben precisa di espressione. E ha obbligato i lettori a misurarsi con categorie profondamente «politiche», risvegliando il cuore profondo della fantascienza.

«Parlare della Cultura come di un’utopia desiderabile è, forse, quantomeno impulsivo. Nell’«Universo della Cultura» si rispecchiano genialmente deformati e dislocati i tratti della politica interna e internazionale dell’ultima parte del secolo appena trascorso. Vi si incontrano simbolicamente l’assassinio politico come prassi abituale e la guerra etica, parti di un interminabile apprendistato alla comprensione del fenomeno «intelligenza naturale» da parte delle macchine.»
(da: recensione a «Volgi lo sguardo al vento» in LN-LibriNuovi out-of-print,)



Note:

Se non diversamente indicato le citazioni sono tratte da recensioni dell'autore di questo articolo

[1] Oltre che - ovviamente - in inglese, tutti e tre i romanzi in questione sono attualmente disponibili in tedesco. In francese sono usciti due volumi da Belial e da Robert Laffont e manca soltanto l'ultimo, uscito, però, soltanto nel 2012. Non aggiungerò ulteriori commenti sull'editoria italiana.
[2] L'elenco completo delle opere pubblicate da Iain Banks/Iain M. Banks è disponibile presso: http://en.wikipedia.org/wiki/Iain_Banks. L'elenco delle opere ancora disponibili in italiano è reperibile presso: http://www.sbn.it, il sito del Sistema Bibliotecario Nazionale.

4 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Un ottimo articolo, mi sia concesso dirlo!
Grazie per averlo scritto!

Massimo Citi ha detto...

@Nick: grazie a te per avermelo chiesto, anzi sollecitato. O imposto. Mi fa bene essere minacciato da un simpatico mastino...

Argonauta Xeno ha detto...

Ho commentato di là, ma ti faccio i complimenti di qua: un ottimo articolo!

Massimo Citi ha detto...

@SX: grazie! Comunque tu ho risposto anche di là. Non lascio mai le cose a metà...