25.2.16

Perdere tempo in modo creativo



Perdere tempo?
No, alla mia età ci si preoccupa meno di perdere tempo.
Si può perdere tempo in molti modi, ma il più pericoloso è quello di lavorare a una causa persa, a un obiettivo irraggiungibile, a un sogno fallace. 
Il che è, più o meno, quello che ho fatto più o meno per quarant'anni della mia vita. 
Già, perché sforzarsi di reggere una libreria in questo paese è un esercizio che ricorda molto il vendere bottoni a chi gira abitualmente nudo. Mio padre, giustamente, riteneva la mia un'attività da perdigiorno, in grado di produrre soltanto debiti e, onestamente, non posso dargli torto. Ma l'ho fatto ugualmente, testardo come solo gli idealisti con la testa piena di nuvole possono essere.
Ho prodotto instacabilmente debiti e quale raro profitto e ho concluso il lavoro più o meno come l'ho iniziato, ovvero senza un soldo da parte. Diciamo che nella mia età anziana potrò godere di una pensione decisamente ragguardevole, intorno ai 500 € mensili, sempre che non abbia sbagliato i conti.
Adesso sono qui a fare l'editore, che è un altro modo per perdere tempo. E siccome non ho denaro — come si diceva, cerco di industriarmi pubblicando e-book. Ma oltre a fare l'editore, faccio anche l'editor e, per concludere, l'autore.
L'One-man-band, in sostanza. L'Otto e Barnelli, contando anche mia moglie. 
Ma sono bravo? 
Bella domanda
Se non altro posso dire di avere un minimo di conoscenza di come funziona o non funziona il meccanismo dell'editoria e conosco il suo segreto meglio custodito: nel settore editoriale siamo tutti, poco o tanto, dilettanti. Ovvero facciamo quello che facciamo per semplice diletto. Sappiamo perdere tempo in maniera creativa.


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ALIA è alle battute finali. Sto terminando la lettura e l'editing del lunghissimo racconto – praticamente un romanzo breve, di Silvia Treves. Un testo davvero considerevole, detto da uno che di sf ne ha letto per svariati chilometri quadrati. Buona parte del lavoro per ALIA è già stato fatto e per uscire non dovrebbero essere necessari più di quindici o venti giorni. Dopodiché partirà il lavoro per la nuova collana. Un lavoro non breve ma sicuramente piacevole. 
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Nei tempi morti, ovvero per tirare il fiato tra un racconto e l'altro, mi sono dedicato a una mia vecchia antologia, a suo tempo inviata a un editore – con lettera autografa di un autore della medesima casa editrice – e che sta tuttora aspettando almeno un cenno di vita o quantomeno una lettera di rifiuto.   
Riguardando l'antologia ho pensato che, in fondo, potevo anche fare a meno dell'editore in questione. Non sono più giovane e non ho più una vita molto lunga da dedicare a un'attesa. Quindi, ho preso l'antologia, all'origine fatta da sette racconti, ne ho aggiunti un paio inediti, ho inventato il titolo e via, verso Amazon.it. 
Il titolo, «Perdenti e Perduti» non promette molta allegria, me ne rendo conto, ma è nato spontaneamente da una rapida scorsa dei racconti raccolti. Ho una passione, che probabilmente nasce direttamente dalla storia della mia vita, per chi prova ma perde. Per i losers, tanto per fingere una competenza che non posseggo. E anche per i perduti, ovvero per chi viene colpito da un evento inatteso e, in genere, allucinante.  
Non sono date ulteriori possibilità ai miei perdenti, il che potrà turbare qualcuno, ma non si può piacere a tutti. Ci tengo a sottolineare che, comunque, non c'è nessun gusto nel mettere in scena queste sconfitte. Io partecipo interamente alla loro vicenda, anche se talvolta non mi sono particolarmente simpatici, come nel caso di «Una vecchia giga» o di «Il soffio lontano del vento». 
Ultimo avviso: i racconti realmente inediti di questa antologia sono due, «Il muro delle eriche» e il già citato «Una vecchia giga» che è comunque pubblicato in questo blog. Gli altri sono apparsi in diverse edizioni di «Fata Morgana», e in «Tutto il nero del Piemonte», «Sviluppi imprevisti» e «ALIA Storie».
 
L'antologia si può scaricare da QUI  

con tanti auguri di buona lettura. 
  
 

4 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Caro Max, anche io ho simpatia per chi prova ma perde. Se non altro si può dire di averci provato piuttosto che fare come la massa delle persone che rimane al calduccio pronte a godere dei risultati altrui in caso di vittoria o a dileggiare in caso di sconfitta.
Io direi che hai combattuto la tua battaglia e, nonostante tu pensi il contrario dei risultati li hai avuti.

Massimo Citi ha detto...

@Nick: buffo come a una certa età ci si trovi a ripetere ciò che si diceva a dieci anni o giù di lì: «Bella forza, si fa presto a parlare senza aver fatto nulla». Il problema credo che sia - ma non dirlo ad alta voce - una questione di coraggio e/o di incoscienza. Io sembro un uomo attempato e saggio ma in realtà ero e sono un pazzo scatenato. In quanto ai risultati, lo decideremo una volta che sarò morto... ;-)

Il Menestrello ha detto...

Una lunghissima discussione con un "vecchio" amico (le virgolette sono d'obbligo, ha più del doppio dei miei anni, anche se è più "pischello" di me!) mi ha fatto riflettere a lungo...
Si parlava di come uno decide la propria vita o quello che pensa di fare da grande e lui a più di sessant'anni non ha ancora deciso, sa che il più è alle spalle e che non c'è nulla da fare, ma ha sempre ammesso che l'importante della sua vita è stato il divertirsi.
Si può provare e fallire, magari anche il successo è solo un effimero momento nell'eternità, ma è d'obbligo divertirsi, a prescindere dai risultati...

In ogni caso, un antologia targata Citi non può essere male neanche quando si parla di perdenti, vedo se riesco a leggerla in tempi accettabili.

Ah... non vedo l'ora di leggere il racconto di Silvia, quello dell'ultimo ALIA era stupendo! ;)

Massimo Citi ha detto...

@Menestrello: È molto difficile stabilire, se non a posteriori, che cosa è stato giusto o meno fare. Diciamo che fare della propria vita un'occasione per divertirsi può essere sacrosanto se non hai spaventevoli responsabilità nei confronti di genitori o figli, se godi di buona salute - anche se una vita dedicata a una passione è un premio a se stessa e può tenerti, nonostante, tutto in buona salute - ma soprattutto a che cosa intendi tu per divertirsi. In senso strettamente etimologico (di-vergere) sarebbe la giusta via, ma non esiste soltanto una lettura strettamente etimologica. Puoi essere un assoluto incosciente, con moglie e figli che tirano a campare come possono, mentre giochi al videopoker per molte ore. Ne conosco, ne ho conosciuti. Diciamo che per come l'intendiamo noi nell'ambito di questa discussione fare una vita divertente, ossia non convenzionale, è giusto e necessario.
Quanto alla mia antologia ci sono un paio di racconti sulle trenta pagine ma gli altri sono sulle 10-15 pagine. Puoi leggerlo come mangi un grappolo d'uva.
Sul racconto di Silvia ho grosse difficoltà a parlarne. Personalmente sono assolutamento convinto che sia uno dei migliori racconti dell'antologia, ma, essendo mia moglie, non mi fido nemmeno del mio giudizio. In ogni caso è qualcosa di molto diverso dal racconto del precedente ALIA, questa volta Silvia si è lanciata nei cieli di Urano.