19.1.18

Cose varie e altri libri

Una parte della mia seconda libreria, dedicata alla sf e alla fisica... Nota bene, i libri sono in doppia fila,

È arrivato il momento a lungo annunciato: finalmente presenterò qui il secondo dei volumi di Canopus in Argos in italiano di Doris Lessing e qualcosina d'altro letto nel frattempo. Temo che ne risulterà un post particolarmente lungo, ma potete anche, nel caso, leggerlo un po' per volta o limitarvi alla prime quattro righe di ogni recensione. Comunque prima di passare ai testi posso annunciare qualcosa d'altro, più che altro per incastrarmi definitivamente. 
1. Un'antologia di testi ambientati nella Corrente, già usciti sugli ALIA più vecchi e che mi sembra appena decente presentare di seguito al Settimo Clone. Praticamente già pronti, usciranno in e-book nel mese di febbraio / marzo, poco dopo l'uscita di ALIA Evo 3.0 in forma cartacea. 
2. Sto scrivendo un racconto incentrato sul tema del «genere», quello proposto da Caterina Mortillaro e Silvia Treves per un'antologia inter-genere. Il racconto procede bene, anche se ha preso una curiosa piega Vance-iana che non mi sarei  aspettato. Ovviamente non ho la minima idea di come finirà il racconto ma intanto continuo a scrivere. Particolare, la cornice è quella della Federazione della Corrente anche se in un mondo semidimenticato. 
3. Sono a pagina 140 del «racconto» nato per ALIA Evo 2.0 che, ovviamente, è divenuto un romanzo. Se non sapete chi sono i Knotenmeister – I Signori dei Nodi – dopo il racconto premiato con il premio Omelas, Il perdono a dio, avrete una buona occasione per rifarvi. Diciamo che sarà pronto entro l'anno.
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Ed ora le recensioni: 

Del primo volume del Ciclo Canopus in Argos: Archives, Shikasta ne ho già parlato su questo blog e potete trovarlo qui. Quindi riprendiamo dal secondo volume, The Marriages Beetween Zones Three, Four and Five, presentato in Italia da Fanucci nella traduzione di Oriana Palusci e con il titolo Un pacifico matrimonio. Di Oriana Palusci è anche la postfazione, preziosa a condizione che abbiate già letto il libro.
Lo luogo del libro è molto diverso da quello di Shikasta. D'altro canto è vero che Doris Lessing presenta gli «Archivi» di Canopus in Argo ed è quindi normale che i legami tra i vari volumi non siano ferrei, né in termini di luogo né in termini cronologici. Qui il lettore ha a che fare con (almeno) cinque Zone, la Zona 1, la 2 eccetera. Ognuna delle zone gode – o soffre – di un clima particolare, «scendendo» dalla Zona 1, praticamente mai narrata ma soltanto brevemente accennata, fatta di montagne dove si suppone risiedano creature sovrumane, alla Zona 2, altrettanto sublime e di non facile accostamento per gli umani della Zona 3. Piccolo inciso: l'atmosfera muta in maniera più o meno percettibile nel passaggio da una zona all'altra ed è possibile assuefarsi alla zona visitata facendo, per i primi tempi, uso di uno scudo protettivo. La Zona 3, dalla quale proviene la regina At-Ith, è il luogo di una piccola utopia: minuscoli villaggi, una tecnologia di produzione pervasiva ma molto poco evidente, un'ottima programmazione e l'assoluta libertà sia per gli uomini che per le donne. La Zona 4 è acquitrinosa, economicamente depressa e soggetta a un sovrano militarista e guerrafondaio, Ben Ata, bell'uomo, ma selvaggio, primitivo e ignorante e che sarà chiamato a sposare At-Ith come comandano i Tutori, creature di fatto invisibili  (all'interno del romanzo) e che probabilmente – come suppone la stessa Oriana Palusci – sono gli Immortali di Canopo. Il motivo di un matrimonio tanto apparentemente assurdo è il calo di fecondità della specie umana (e non solo) il cui rimedio pare essere per l'Ordine dei Tutori proprio il matrimonio tra i due sovrani. La Zona 5, infine, è torride e desertica, vi abitano umani nomadi impegnati in continue guerre civili e che sopravvivono predando le popolazioni di confine, determinando lo stato di guerra endemica con la Zona 4.

Particolare tutt'altro che secondario tutte le vicende che riguardano le Zone e i loro rapporti sono narrate da anonimi «cronisti» che fungono più che da narratore onnisciente da veri e propri «osservatori» in grado di riferire attimo per attimo, emozione dopo emozione ciò che accade, dai rapporti intimi di At-Ith, regina della Zona 3 con Bel Ata, re della Zona 4, agli scontri e alle incomprensioni tra i due.
Secondo la volontà dei tutori il matrimonio avviene e viene faticosamente consumato. I rapporti tra At-Ith, profondamente civile, donna liberata, pacifista, figlia di una società «utopica», così evidentemente simile ai mondi narrati da Ursula K.LeGuin, e suo marito, un uomo abituato alla brutalità, i cui rapporti con le donne sono violenti per necessità, dal momento che parlare con una donna è per lui faticoso e frustrante, è quantomeno complesso. Per Ben Ata lei è una sorta di pericolosa strega dalla quale può aspettarsi qualsiasi trucco, tranello e menzogna e a lei lo sposo ricorda un bambino: capriccioso e indeciso, violento e malinconico. Ma At-Ith, senza cadere nella trappola del semplice rancore verso Ben Ata, gli diventa poco alla volta familiare, desiderabile in senso proprio – la sua mente di «strega», come il suo corpo – tanto da giungere a trascorrere interi giorni a parlare e ad accoppiarsi, facendo in modo che lui si senta più umano, meno vanamente violento e ascolti i suoi consigli sulla politica interna, sull'economia, sul graduale disarmo del suo inutile grande esercito che finora ha avuto come risultato quello di tenere lontano gli uomini della Zona 3 dai campi e dai lavori in città. 
Ben Ata le ubbidisce ma il motivo essenziale del suo vivere si appanna, diviene silenzioso, spesso pensieroso e immalinconisce ed entrambi finiscono per sentirsi estranei alla propria terra madre. At-Ith partorisce un figlio nato dalla loro unione ma uomini e animali non recuperano la loro fertilità e alla fine i Tutori decidono che Ben Ata dovrà sposare Vahshi, principessa della Zona 5. At-Ith deve rientrare nella sua Zona ma il suo posto di regina è stato preso dalla sorella Murti. Ben Ata, rimasto solo con il loro figlio, lo affida a Dabeeb, moglie del suo miglior generale, ma non è più se stesso. 

Qual era la differenza tra il Ben Ata di prima, il giovane soldato barbaro e lussurioso – era così che si descriveva adesso – che catturava qualche povera ragazza, la possedeva e poi non pensava più a lei, e il nuovo Ben Ata sposato con Al-Ith? 

At-Ith in realtà non riesce più ad abituarsi alla propria terra, sogna la Zona 2 che non può raggiungere e incontra ancora una volta Ben Ata nelle ultime pagine del libro. 

Rimasero seduti una nelle braccia dell'altro, guancia e guancia, e guardarono il passo avvolto nella nebbia blu, pensando che erano ancora sposati, anche se erano rimasti separati a lungo. 

Il cronista incaricato non sa nulla di più di Al-Ith, scomparsa nella Zona 3 e sa che Ben Ata è rientrato nella propria zona. I canti, i miti, le leggende si diffondono in tutte e tre le Zone e le genti si spostano, mutando le caratteristiche dei tre popoli.

C'era luce, freschezza, e voglia di sapere e rinnovarsi, un'ispirazione continua dove una volta c'era stata solo stasi. E frontiere chiuse. 

Due particolari non centrali ma che aiutano a comprendere il senso profondo del romanzo sono l'andamento Dantesco delle diverse Zone, dal Paradiso della Zona 1 fino all'inferno della Zona 5 e oltre e il curioso rapporto che esiste tra gli umani e i cavalli, che riprende un tema tipico del fantasy, a dimostrare come Lessing potesse fare uso indifferentemente – e con esiti comunque notevoli – di riferimenti alla cultura «alta» che a temi tratti dal testo popolare. 

 
Un pacifico matrimonio è un romanzo ricco di livelli e di possibili interpretazioni. L'impronta della personalità della Lessing, nata in Africa ed emigrata in Gran Bretagna, si coglie ad ogni passaggio della narrazione, nella personalità complessa e talvolta enigmatica di At-Ith come in tutte le donne che appaiono nella vicenda. Il rapporto tra maschile e femminile non è mai facile né tantomeno scontato, ma l'autrice fa in modo che il rapporto tra i generi possa divenire comunque fertile. E dalla fecondità del rapporto faticosamente nato tra maschile e femminile a sua volta nasce la fecondità delle terre e delle idee. Una società multiculturale può essere libera e felice. Una lezione che non dev'essere dimenticata, soprattutto in questi tempi. 
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E arriviamo a I ragazzi di Barrow, titolo originale Barrow's Boys, A Stirring Story of Daring, Fortitude and Outright Lunacy (1999), scritto da Fergus Fleming e tradotto da Matteo Codignola. 
Un libro magistrale, una cronaca puntuale, grandiosa, a tratti eroica e in altri sordida e meschina, spassosa e folle dei numerosi tentativi compiuti dai sudditi di sua maestà la Regina Vittoria per riuscire a tracciare la rotta a Nord-Ovest e per scoprire le il corso del Niger.

Nel 1804, quando John Barrow ascende al soglio di secondo segretario dell'Ammiragliato britannico, sulle carte […] spicca ancora un numero allarmante di zone bianche […] [tra queste] il vero corso del Niger e l'esistenza o meno di un Passaggio a nordovest. Su entrambi Barrow aveva idee spesso sbagliate , ma comunque chiare, e soprattutto la possibilità di realizzarle. […] Trascorse i quarant'anni del suo regno a montare un impressionante numero di spedizioni verso il Polo o l'Equatore. Difficilmente quelle avventure scampavano al disastro, al grottesco, o a una miscela variabile di entrambi.

Ciò che ha di impagabile questo libro – che raccomando praticamente a chiunque mi capita di incontrare – sono i modi acutamente ironici utilizzati dall'autore, un amante dei viaggi e dell'avventura, nel narrare una serie di avventure mal congegnate e peggio condotte, che generalmente terminano in maniera drammatica. Ma il tono sardonico ostentato da Fleming – che episodicamente dà la sensazione di assumere toni fin troppo caricati – non nasconde comunque la reale tragedia dell'essersi perduti nel deserto o restare a bordo di una nave stritolata dai ghiacci. Si potrebbe affermare senza timore di essere smentiti che si tratta di un libro concepito da Emilio Salgàri ma scritto da Alan Bennett, che pur nell'infuriare della tempesta o tra i titanici iceberg del Polo Nord non dimentica gli errori marchiani o le testarde convinzioni di Barrow, dell'Ammiragliato britannico e dei comandanti.
A completare e arricchire il testo una trentina di pagine in calce che narrano le vicende dei protagonisti dopo le imprese – o i fiaschi – raccontati nel libro e il loro essere divenuti, nella maggior parte dei casi, elementi di spicco della marineria inglese. Se le vicende di John Ross, John Richardson, Hugh Chapperton, Dixon Denham, George Lyon, James Clark Ross, Richard Collinson, Robert McClure, di Sir John Franklin e di sua moglie Lady Jane Franklin e degli altri presentati nel testo assumono a tratti i modi di una vicenda «troppo tragica per essere seria», Ferguson trova anche le parole per presentare il coraggio – o talvolta l'assoluta incoscienza e temerarietà – di molti di loro, che affrontarono gli inverni polari in tempi nei quali la tecnologia era soltanto una promessa e non una realtà, tenendo conto che, in ogni caso, chi è venuto dopo di loro e anche i nostri contemporanei non sottovalutarono e non sottovalutano gli effetti del clima polare.
In chi legge rimane la sensazione, probabilmente cercata dall'autore, di aver letto le storie di un pugno di pazzi – la «completa follia» del titolo dell'edizione originale – ma in qualche modo animati da un sogno violento e irrazionale, una fame di conoscenza che andava molto oltre quanto previsto dall'Ammiragliato e da Barrow. Si può ridere, con questo libro, ma rimane una sensazione di ammirazione che non è facile cancellare.
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Ultimo libro di questo giro, Il problema dei tre corpi di Cixin Liu, ed. orig. 2008 ed edizione americana – dalla quale è ottenuta la traduzione di Benedetta Tavani, oltre che la copertina – dal titolo The Three-Body Problem, curata da Ken Liu. 
Il romanzo di Cixin Liu ottenne il Premio Hugo nel 2015, per la prima volta vinto da un autore asiatico, e venne tradotto in giapponese, inglese, tedesco, francese, spagnolo, polacco, olandese e in numerose altre lingue. In italiano giunse ben nove anni dopo, un record, a suo modo.  
Il romanzo costituisce il primo volume di una trilogia che continua con The Dark Forest [2015], uscito in edizione originale cinese nel 2008, e The Death's End [2016], ed. orig. 2010. Possiamo sperare che tra il 2018 e il 2019 usciranno anche le edizioni in italiano, ovviamente tradotte dalla lingua inglese…
La minimo di storia, ora, cercando di evitare spoiler
Il primo dei protagonisti ad apparire è Ye Wenjie, figlia di una fisico brutalmente ucciso nel corso di una seduta di autocritica durante la Rivoluzione Culturale – un racconto a suo modo agghiacciante –  e lei stessa astrofisica. Ye Wenjie dopo un periodo di lavoro coatto presso un Corpo di Costruzione e Produzione relegato in un'area di confine della Cina e dopo aver avuto grane a non finire e una possibile condanna per aver letto La Primavera Silenziosa di Rachel Carson, viene reclutata nella Costa Rossa, un progetto segretissimo del governo. Il secondo protagonista ad apparire, trentotto anni dopo, è Wang Miao, un fisico specializzato in nanotecnologie che viene «invitato» a una riunione di militari e scienziati alla quale, con sua grande sorpresa, partecipano anche un militare inglese, un ufficiale americano e due agenti della CIA in qualità di osservatori. 
Wang Miao e Ye Wenjie si incontreranno presto, Wang Miao viene coinvolto in un videogioco dallo strano andamento e dagli esiti imprevedibili, mentre di Ye Wenjie sapremo poco alla volta i motivi profondi della sua assurda e apparentemente biasimevole scelta. Il romanzo si chiude con la frase: «Ye sussurrò: "È il tramonto dell'umanità"», frase che non lascia troppe speranze per il nostro futuro, più o meno come il surriscaldamento globale, la plastica negli oceani e tutto ciò che minaccia la sopravvivenza della nostra specie.
Cixin Liu è riuscito a scrivere un libro per molti versi esemplare, narrando quarant'anni di vita e di storia cinese, a testimonianza di quanto il passato conti nella vita quotidiana di ogni cinese, e nel contempo raccontando dei progressi della fisica moderna e delle inevitabili perplessità che essa sta vivendo, il tutto partendo da un enigma matematico irresolubile, il problema dei tre corpi. Personalmente ho trovato meglio riuscita la prima parte del romanzo, così densa di ricordi e agghiacciante nel racconto del videogioco condotto da Wang Miao, questo senza nulla togliere alla seconda parte, comunque appassionante e che termina in maniera enigmatica. A parte un'inaspettata somiglianza con Murakami Haruki, il cui rapporto con il fantastico emerge a tratti nella prosa di Cixin Liu, il romanzo riesce ad apparire terribilmente realistico e il suo «messaggio», per usare un termine desueto, è quello di spingerci a difendere il nostro pianeta, così evidentemente fragile. Diciamo che se quest'anno avete deciso a limitare le vostre letture di fantascienza a un solo romanzo, farete bene a comprare e leggere questo. Non vi lascerà più. 
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Questo post termina qui. Spaventosamente lungo e che mi è costato dieci o undici ore di lavoro disposte nel corso di una settimana, ma che spero sia gradito dai mie sedici lettori. 
No, non sono Alessandro Manzoni, semplicemente ho controllato il numero di lettori del blog di ieri… Ma non importa, il blog non vive solo di passaggi ma soprattutto di che cosa vi si scrive. Arrivederci a presto!




4 commenti:

consolata ha detto...

Bellissimo post Massimo! Stimolante e ricco. Meno male che ci sono cose come il tuo blog da leggere in rete. Scrivi scrivi, che ci piace leggerti!

Nick Parisi. ha detto...

In fondo la Lessing lancia un messaggio sorprendentemente attuale, solo interagendo personalmente e parlandosi persone e culture diverse potranno imparare a conoscersi e forse ad amarsi. Il processo sarà inevitabilmente lungo e doloroso e per certi versi non sarà mai completo del tutto, ma alla fine le due parti si scopriranno profondamente cambiate e forse anche arricchite nel profondo.
Ottimo post, complimenti!

Massimo Citi ha detto...

@Consolata: purtroppo non ho il tempo che vorrei per scrivere sul blog. Come sai perdo tempo anche a scrivere, pessima abitudine... Comunque sono molto contento che tu mi legga, come sempre *_*

Massimo Citi ha detto...

@Nick: credo anch'io che, in anticipo sui tempi, la Lessing avesse colto la contrapposizione ventura tra primo e terzo mondo, quella che noi ci troviamo ad affrontare. In fondo il valore apparente del mio post sta in questa capacità da grande scrittore di Doris Lessing di antevedere il mondo e sono particolarmente contento di dirlo in giro, anche ai miei pochi amici.